lunedì 22 marzo 2010

I temi discussi ad Apice e Pietrelcina domenica 21 marzo 2010


Quando avranno inquinato l'ultimo fiume, abbattuto l'ultimo albero, preso l'ultimo bisonte, pescato l'ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche.

Chi ama la storia dei nativi d’America conosce bene questa frase di Toro Seduto, Ta-Tanka I-Yotank per gli indiani Sioux.

Se noi questa frase la trasformiamo, dandole un significato attuale, diventa:
Quando avranno corrotto l’ultimo poliziotto, quando avranno illuso l’ultimo cassintegrato con la promessa di un posto di lavoro, quando avranno sfruttato l’ultimo extracomunitario nel lavoro nero, quando avranno pagato l’ultima tangente per poter fare i porci comodi propri, si renderanno conto che non ci sarà più nessuno da corrompere, più nessuno da illudere, più nessuno da sfruttare, più niente e nessuno da comprare con una tangente, e rimarranno da soli con le loro poltrone e con i loro soldi, rubati e non guadagnati col sudore della fronte.

Cosa voglio dire con questa frase?
Che l’Italia è il paese dove si può fare tutto e il contrario di tutto, dove non c’è più il controllore e il controllato, ma il controllore che non controlla perché il controllato lo corrompe, non c’è più il carabiniere e io mafioso, ma solo una grande popolazione di mafiosi.

Nel nostro Sannio, nel nostro microcosmo territoriale, ma anche nel macrocosmo Italia, l’aspirazione al progresso di una parte, per fortuna ancora numerosa di cittadini sani, cui mi onoro di appartenere, è ostacolata non solo dalla presenza della camorra e della mafia intesa come Cupola mafiosa, come mafiosi e camorristi che si tramandano l’appartenenza alla cupola di generazione in generazione, ma soprattutto da quei comportamenti criminosi diffusi nella società, nella politica, nell’economia, che, sommati agli storici ritardi strutturali dei nostri territori, provocano profonde storture nella sensibilità sociale dei cittadini e nella comunità economica.E per comportamenti criminosi intendo innanzitutto, e parlo della nostra realtà privata, delle nostre famiglie, delle nostre comunità piccole o grandi che siano, la cultura dell'inciucio, dei piccoli e grandi favori, dell'ammiccamento, del clientelismo.
Questi comportamenti, anche nel nostro microcosmo familiare, hanno effetti devastanti perché soffocano e viziano pericolosamente il tessuto socio-economico delle nostre comunità, mortificano dal punto di vista etico anche la più piccola società civile e la più piccola cellula di sviluppo economico.
Questi comportamenti rubano ricchezza all’economia legale e nega diritti ai cittadini, tenendo sotto ricatto il territorio.
E gli effetti pratici di tutto ciò li vediamo nella depressione dei mercati, nella perdita di occupazione, nella rinuncia agli investimenti, nella scarsa fiducia dei cittadini verso le istituzioni.

Ecco, quindi, che il ritorno alla legalità, dove per legalità non si intende il pedissequo rispetto delle leggi bensì il ritorno ad una autentica cultura dei valori civili è la risposta preventiva che fa mancare ossigeno ai comportamenti criminosi e che permette il rilancio dell’economia vera, quella che porta sviluppo ai singoli e al territorio.

E’ fondamentale, dunque, rendere “forte” il nostro territorio, rimuovendolo dal bisogno economico e dal ricatto del potere.
La politica deve mettere in campo tutti gli strumenti e le risorse possibili per sconfiggere il cancro degli inciuci, dei favori, del clientelismo, percorrendo le vie dell’innovazione e del cambiamento.
La politica deve compiere passi decisivi e lineari nell’affermazione dell’inscindibile binomio dello sviluppo e della legalità.E quali sono questi passi?
Innanzitutto una fase collettiva di elaborazione, altrimenti si rischierebbe di commettere gli stessi errori di approssimazione, superficialità e mancanza di visione strategica che hanno connotato certa politica in questi anni. Credo però che questa fase elaborativa, per risultare efficace, debba mirare ad una piena integrazione sociale e generazionale. Essenziale sarà il concorso di due spinte: da un lato la passione e voglia di cambiare dei giovani, dall’altro l’esperienza di quei soggetti che sono pienamente inseriti nel mondo lavorativo, sociale, politico cittadino, che affrontano quotidianamente quelle difficoltà e che vivono quelle tensioni morali di una persona impegnata a costruire il suo futuro e quello dei suoi figli. Ecco, giovani soprattutto, freschi, validi e capaci di innovazioni reali riguardanti l’intero tessuto sociale, ma anche in grado d’intraprendere azioni amministrative e politiche sulla base di ponderate valutazioni e strategie. Se non basta essere giovani (lo abbiamo visto recentemente) per essere capaci di gestire, non si deve per forza avere 70 anni per ricoprire ruoli decisionali, come accade in Italia attualmente. Possibile che a rivestire la carica di presidente USA venga messo un uomo di 45 anni, i ministri degli esteri e dell’economia tedeschi ne abbiano meno di 40, e nelle nostre realtà, nazionali ma anche locali (e soprattutto nel meridione) una possibilità del genere non venga neppure presa in considerazione? Sarà colpa dei quarantenni, o di un sistema che non garantisce loro una tale possibilità? Che non seleziona realmente i meritevoli ma i figli d’illustri genitori?
Io, personalmente e come responsabile della Rete Interregionale delle Rose Rosse, sto lavorando da oltre due anni perché questo tema non passi sotto silenzio e la mia candidatura è proprio il frutto di questo lavoro

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