domenica 27 gennaio 2013

..ieri parlavo di coraggio...ma quanti sanno cosa significa?

...ieri parlavo di coraggio...ma quanti sanno cosa significa? deriva da cor habeo, ho cuore...quando si dice che una persona ha cuore, di solito si intende che è compassionevole, altruista, generosa. Tutto vero. ma molto, troppo spesso si dimentica che che nel cuore risiede quella forza d'animo che permette di affrontare, dominare, situazioni difficili e avvilenti, senza rinunciare alla dimostrazione dei più nobili attributi della natura umana, quella capacità di affrontare rischi, pericoli o addirittura l’impopolarità, per il bene pubblico o per amore della verità e della giustizia... Insomma, il coraggio è una virtù u-mana, una qualità che va ben oltre i semplici atti materiali e/o verbali, per coinvolgere un aspetto più profondo dell’essere umano. Un altro anello per riconoscere la catena di elementi di qualità che possiedono le persone, che si sviluppano positivamente e favoriscono anche l’evoluzione di coloro che li circondano e con i quali entrano in contatto professionalmente e/o nella vita privata. Il coraggio è lo strumento che aiuta a rafforzare gli aspetti più nobili dell’individuo, e insegna a riconoscere e superare quelli che vengono considerati come “limiti”, e che, molto spesso, sono dettati solo da ignoranza e paura. ... l coraggio è il fratello maggiore della paura, nel senso che la prende per mano e l’accompagna. Infatti la paura ha una funzione, e molto importante: frenare e impedire il movimento, inibire l’individuo; ma non per bloccarlo, bensì per metterlo di fronte alle proprie vulnerabilità, che è il primo passo per poterlo rafforzare senza subire traumi. In altre parole, quando abbiamo paura di qualche cosa, dovremmo soffermarci a riflettere sul vero motivo di quel timore: un segnale utile che ci permette di valutare attentamente la situazione e di prendere i necessari provvedimenti per garantirci un successo. Guardando la paura dal coraggio, essa si trasforma in forza per andare avanti, optare per scelte più libere e personali, e anche meno influenzate dalle emozioni transitorie. In sostanza, imparare a confrontarsi nel modo corretto con le proprie difficoltà è il primo passo per imparare a trasformarle perché ogni ostacolo, con la paura che lo accompagna, quando viene affrontato, diventa un’occasione per migliorare ed evolvere così anche il coraggio si espande, e con esso una maggiore consapevolezza, forza e libertà. Il coraggio è sostenuto dalla responsabilità che è un atto di libertà, espressione fondamentale della capacità dell’uomo adulto: significa infatti donare una risposta adeguata, utile e costruttiva alle domande piccole o grandi della vita. Molto spesso la tentazione nella quale si cade è quella di non decidere, di non prendere la responsabilità della propria vita e delle proprie azioni per paura di diventare adulti, di perdere le proprie sicurezze, di sbagliare, di essere giudicati, di non essere amati. Per questo ci vuole coraggio, il coraggio di scegliere di diventare “qualcuno”, ben identificato nel proprio ambiente umano e materiale. Infatti, lo sviluppo della persona avviene nel suo ambiente umano e materiale e questo ambiente è a sua volta soggetto all’azione della persona stessa, quindi alle sue scelte. Scegliere nasce dalla propria libertà interiore: decidere e mettere in atto ciò che si percepisce buono e costruttivo è un atto di responsabilità e coraggio e per poter attuare le scelte con libertà e responsabilità occorre che impariamo a conoscere e riconoscere i nostri valori profondi, la nostra identità e la nostra solidità. Ci si può affidare al coraggio per approfondire la conoscenza di sé, e quindi agire per favorire il cambiamento e l’evoluzione compiendo un fondamentale passo sulla via del benessere, che è un diritto di ciascuno. Ciascuno di noi può orientarsi, nelle scelte di vita, affidandosi alla propria “bussola interiore” che indica la direzione e la strada da percorrere per affrontare problemi e difficoltà personali, professionali o sociali e uscirne. In questo modo si scelgono coscientemente atti liberi da porre in atto; non si subisce passivamente tutto ciò che è causato dalle altrui responsabilità e, indipendentemente da quanto potere si ha di cambiare le cose, ciò che conta è l’aver coraggio di agire in maniera costruttiva, comunicare ciò che si pensa, proporre alternative e comportarsi in coerenza con i valori. Comprendiamo dunque come il coraggio non nasca tanto a causa della disperazione, ma emerga al suo posto quale risposta dell’individuo adulto e responsabile che si assume l’onere di guidare la propria vita. C’è un altro particolare che vale la pena sottolineare e ricordare: il coraggio è una risorsa della quale disponiamo tutti, e fin da piccoli. Un bambino di pochi mesi che sta imparando a camminare un bel giorno riuscirà a muovere i primi passi da solo, senza che nessuno lo tenga per mano. Ed è indubbiamente un bell’atto di coraggio! Questo testimonia come si tratti di una spinta vitale che accompagna l’essere umano lungo tutta la sua vita. C’è, in ultimo, anche un altro punto da chiarire, particolarmente importante: il coraggio non è da confondere con l’incoscienza che è assenza o perdita della cognizione di sé e della realtà; è invece un movimento di solido amore, per se stessi e per il mondo. Così come a volte ci vuole coraggio per affrontare una telefonata, un colloquio, un esame, ce ne vuole altrettanto per permettere a se stessi di vedere le cose nuove della vita, di ampliare i propri orizzonti e le proprie visioni, di scegliere o accogliere i cambiamenti e le occasioni di crescita; altrimenti, se non si lascia spazio anche a questo genere di coraggio, il rischio è non riuscire a percepire con la dovuta chiarezza dove va il flusso della vita e qual è il proprio posto da prendere e il ruolo da svolgere. Ogni cambiamento, ogni nuova strada che percorriamo, ogni “futuro” possibile è, prima di tutto, “visto” nella nostra mente. Così possiamo creare un futuro migliore per noi, immaginandolo prima nella nostra mente e agendo poi perché si possa realizzare. Spesso però siamo limitati dal filtro delle credenze: tutte le esperienze e tutto quello che gli altri hanno raccontato o insegnato, tutto quello che è stato letto diviene anche il filtro attraverso il quale si osserva il mondo e si definisce ciò che può essere realizzato e ciò che non può esserlo. Questo filtro limita moltissimo le possibilità. Anche per permettere a se stessi di generare nuove visioni per il proprio futuro occorre allora una buona dose di coraggio: si deve camminare in territori sconosciuti, si devono abbandonare le credenze, le abitudini e i riferimenti noti e “osare” il rischio di rompere consolidati equilibri. Talvolta è necessario dire dei “no”, per esempio - che equivalgono spesso a un “sì” a qualcos’altro, ad esempio a se stessi - così alcune scelte possono apparire sbagliate per gli altri, ma non per noi. Un atto di coraggio dunque per affermarsi anche a costo di sfidare i luoghi comuni, i comportamenti, e le decisioni facili e scontate, correndo il rischio dell’impopolarità agli occhi di qualcuno. Non è un caso che il coraggio sia una delle doti di un vero leader, il quale è spesso chiamato a prendere decisioni determinanti, a confrontarsi con situazioni importanti e talvolta anche con questioni legate alla vita e alla morte dell’organizzazione della quale è alla guida. Diventare coraggiosi è un processo caratterizzato da momenti alterni di progressione e regressione, e da diverse fasi. In una fase c’è tensione e senso di confusione: è quando ci confrontiamo con i nostri valori, impegni e convinzioni e il pensiero sa assumere o meno il rischio che un atto di coraggio comporta. A questa segue poi l’accettazione del valore intrinseco della scelta, fase caratterizzata dalla decisione personale di agire secondo i nostri valori e convinzioni, e di accettare quindi la s da. Di solito, l’atto di decidere ha come e etto l’eliminazione della confusione: presa la decisione, siamo subito in grado di focalizzare meglio come agire, arrivando così alla fase dello sforzo esplicito per realizzare la scelta, analizzando e soppesando le opportunità e i rispettivi rischi. Fino alla conclusione del ciclo, ovvero la fase della graduale chiarificazione, che ci permette di raggiungere una comprensione profonda dei motivi che ci hanno spinto ad agire in modo coraggioso, nonché a trarre un bilancio della nostra azione. Oggi viviamo in un contesto sempre più incerto e complesso; i cambiamenti sono rapidi e le scoperte scienti che e tecnologiche influenzano molto la nostra vita: lo chiamiamo progresso. In questo correre del progresso anche le donne e gli uomini hanno la necessità di progredire responsabilmente senza perdere le qualità dell’umanità e della spiritualità. Il coraggio permette la realizzazione profonda di sé: vivendo per quello che si è davvero e sviluppandosi continuamente attraverso il ciclo delle proprie esperienze e la conoscenza di se stessi. Le donne e gli uomini possono così offrire al mondo elementi diversi per la creazione della realtà, elementi innovativi, responsabili e umani che influenzano positivamente la collettività tutta. In questo contesto è richiesta ancora una volta e ancora di più l’espressione del coraggio. Il coraggio aiuta a realizzare la propria vita in un agire che viaggia nella direzione e nella ricerca di significato e auto-affermazione sia per il proprio bene che per il bene comune. Il coraggio della responsabilità, il sapersi assumere le conseguenze del proprio agire, ha segnato le tappe del nostro progresso, dell’affermazione dei diritti delle donne e degli uomini e, in molti paesi, della civiltà. Il coraggio è in noi, è un’umana virtù da riscoprire e nutrire quotidianamente insieme alla responsabilità, quali semi per la crescita delle persone libere, generative e creative che sanno accedere a nuove visioni e realizzare i nuovi mondi possibili in cui vivere.

sabato 26 gennaio 2013

...per cambiare ci vuole coraggio...

...Ci vuole coraggio per rompere con le convenzioni seguire con determinazione il proprio cuore.... Ed è così anche per per tutti i tipi di aggregazioni umane e sociali che, ricordiamocelo, sono fatte da persone e non solo da strutture e processi e si interfacciano con persone, non solo situazioni, tematiche e problemi... ci vuole coraggio per fare un passo avanti, ed a maggior ragione ci vuole coraggio per farne tre. Fare un passo avanti è abbastanza facile, ma non basta. Si ha l’illusione di aver conquistato un vantaggio sugli altri, ma spesso il margine acquisito può essere facilmente eroso... Far due passi è una bella tentazione, è sicuramente un momento innovativo, ma ancora una volta può non bastare... Fare tre passi avanti, invece, vuol dire assumersi il rischio di cambiare le regole del gioco...tutte le forme di aggregazione umana e sociale che sono consapevoli che per innovare veramente bisogna compiere tre passi sono quelle che sanno creare la generazione successiva! Alcide De Gasperi diceva: “La differenza tra un uomo politico e uno statista è la seguente, mentre il primo pensa alle prossime elezioni, il secondo pensa alle prossime generazioni”. Credo che la stessa considerazione valga anche tra fare un passo (pensare ai risultati a breve) e fare tre passi (pensare agli interventi strutturali). Fare tre passi è difficile. E’ difficile farsi capire, convincere gli altri, costruire qualcosa. Nella maggior parte delle aggregazioni umane e sociali, l'individuo preferisce stare al centro di quella che viene chiamata “curva a campana”, che altro non è che la rappresentazione grafica della maggior parte delle misurazioni. Prendiamo ad esempio la statura, da una parte ci sono i nani, dall’altra i giganti, ma la maggior parte delle persone tenderà a collocarsi al centro della curva, nella zona della statura media. Quelli che si reputano troppo bassi o troppo alti e per questo inadeguati e non agiscono con vigore, rischiano non solo di tarparsi le ali della crescita individuale e di gruppo, ma di perdere anche le posizioni già acquisite. Ma la cosa bella della curva a campana è che ci sono persone che gravitano spontaneamente verso una sua certa parte. C’è chi, si vada lenti o veloci, decide di stare sempre qualche passo dietro agli altri, c’è chi tende a stare nel gruppo, e c’è chi si adopera nel cercare di essere sempre qualche passo avanti. Il segreto, di una semplicità disarmante, è quello di non aspettare che le cose cambino per cambiare la propria posizione sulla curva, ma cambiare istintivamente il proprio punto sulla curva. Se ci si abitua ad essere eccezionali (nel senso di porsi come eccezione) probabilmente lo si resterà per sempre. La differenza è sempre tra chi sceglie dove porsi rispetto alla curva, e chi lascia che sia la curva a decidere per lui. ....