martedì 16 novembre 2010

"Così in terra, come in cielo" di don Andrea Gallo

Ieri sera a "Vieni via con me" l'unico di sinistra è stato Don Gallo...angelicamente anarchico...prete rosso...prete ribelle riguardo alle posizioni più critiche della chiesa: il testamento biologico, l'immigrazione, la liberalizzazione delle droghe, l'aborto...un talebano dei diritti degli uomini in generale e degli ultimi in particolare...un esempio per la sinistra italiana oggi troppo vuota e troppo parolaia...

Di seguito uno dei racconti del nuovo libro di Don Gallo, "Così in terra, come in cielo"

Mi hanno rubato il prete
Fui rimosso dall’incarico nel 1963. La motivazione ufficiale non la conosco ancora, però sospetto abbia a che fare coi miei metodi “licenziosi”. Nel gennaio 1965 mi spedirono come viceparroco alla Chiesa del Carmine, in pieno centro storico, sotto l’Albergo dei poveri. Era un quartiere popolare, di portuali e operai, con abitazioni inagibili e un mercato rionale quasi indecente. Giravo nei vicoli, sostavo fra i banchi, passavo in edicola, discutevo col salumiere che era convinto che mi piacesse il prosciutto ma comprassi la mortadella perché ero tirchio e volevo spendere meno. La zona era anche frequentata da famiglie borghesi in quanto vicinissima all’Università e al Liceo Colombo, dove nel ’68 nacque il movimento studentesco. Fu un periodo di grandi stravolgimenti: con il Concilio Vaticano II la Chiesa decideva di leggere i segni dei tempi, i giovani si impegnavano nel sociale, dibattevano sulla riforma scolastica e la guerra in Vietnam, nascevano piccole comuni, cresceva la partecipazione civile. Fu un risveglio e un contagio di idee, una primavera a tutti gli effetti. La mia parrocchia diventò un punto di riferimento, l’agape, un luogo di forte comunione e sinergia. Alla messa di mezzogiorno trattavo i temi di attualità, ero nettamente schierato al fianco degli ultimi, cominciai a tenere due leggii: da una parte il Vangelo, dall’altra il giornale. Evidentemente qualche zelante non approvava le mie omelie e avvisò la Curia. L’episodio che scatenò l’indignazione dei benpensanti fu la mia predica alla scoperta di una fumeria di hashish nel quartiere. Invece di inveire contro chi rollava qualche spinello ricordai quanto fossero diffuse e pericolose altre droghe, per esempio quella del linguaggio, talmente fuorviante che poteva tramutare “il bombardamento di popolazioni inermi” in “un’azione a difesa della libertà”. Apriti cielo.
Il parroco Don Emilio Corsi per ordini superiori dovette registrare di nascosto le mie prediche, poi mi chiese scusa, dimostrandomi tutto il suo affetto, e si rifiutò di continuare. Ma ormai la Curia aveva stabilito che promuovevo la politica e non il Vangelo e nel 1970 mi inviò un provvedimento di espulsione.
Addirittura il vescovo Chiocca telefonò a mia madre chiedendole di fare pressioni su di me affinché scegliessi “obbedienza o catastrofe”. Optai per l’obbedienza e per loro fu una catastrofe. Prima della mia partenza ci fu una sollevazione popolare inaspettata. Tutta la città reagì, tanto che della storia di questo pretino si dovettero occupare anche i quotidiani, perfino Le Monde seguì la vicenda e scrisse che “avevo il torto di essere stato fedele al Concilio.”
Le gente del quartiere inviò una lettera di protesta con 2370 firme (a cui non seguì alcuna risposta), organizzò una veglia di preghiera, occupò la chiesa per esprimere totale disapprovazione al mio allontanamento. Il 1 luglio 1970, mentre io stavo barricato in una trattoria, venni chiamato in piazza e lì trovai oltre duemila persone a manifestare. Rimasi colpito. Avevo deciso di non contestare il provvedimento, invece capitai nel bel mezzo di una mobilitazione popolare, dove il professore universitario teneva a braccetto lo spedizioniere, il fabbro la vecchietta, i figli delle prostitute alzavano i cartelli insieme ai figli dei grandi professionisti. Che commozione. Mi diedero un megafono e questo fu il mio saluto: “E’ vero, esiste un profondo dissenso fra me e la Curia, ma un dissenso di amore e di profonda, convinta ricerca della verità. La cosa più importante è che si continui ad agire perché i poveri contino. Ci incontreremo ancora. Ci incontreremo sempre. In tutto il mondo, in tutte le chiese, le case, le osterie. Ovunque ci siano uomini che vogliono verità e giustizia.
” Il 1 luglio 1970 un bambino piangeva sugli scalini della mia chiesa e quando il vigile gli chiese perché, lui rispose: “Mi hanno rubato il prete”.

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