
Questa donna, queste donne, non miravano certo ad ottenere privilegi personali o posti di particolare potere o ruoli di spicco nel sindacato: queste operaie si trovavano, negli anni tra il 1950 e il 1960, a lavorare in un settore in cui da un lato le operaie conservavano il ruolo e l'identità di manodopera stagionale ma dall’altro si avviavano a diventare classe operaia organizzata, e in questa congiuntura erano donne che si impegnavano a costruire quotidianamente una sorta di welfare aziendale ante litteram, legato in particolare alla presenza di lavoratrici madri.
Questa donna, queste donne, iniziavano nell’Agenzia Tabacchi di San Giorgio, a cavallo tra gli anni ‘50 e ’60, un importante percorso personale, di classe, di consapevolezza sociale e di "genere".
E’ vero, dunque, che San Giorgio del Sannio ha avuto momenti della sua storia in cui non è stata il paese di Coppolonia e le protagoniste di questi momenti, vivaddio, erano donne!!!
Queste donne hanno costruito e fanno parte del nostro recente passato e noi le ricordiamo con orgoglio, ma con altrettanto orgoglio rivendichiamo il nostro ruolo attuale di donne sangiorgesi, che, gratuitamente ed esclusivamente per senso civico, sono impegnate nella formazione e nello sviluppo della partecipazione democratica dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, al fin di creare un potere collettivo e condiviso, rivendichiamo il nostro ruolo attuale di donne che non hanno alcun intento di costruirsi una carriera professionale alternativa dismettendo i panni di normali cittadini ed entrando a far parte dell’elite politico-amministrativa locale, bensì intendono essere membri attivi della comunità, donne che lavorano per il bene comune e non per far bene al Comune!

La comunità che immaginiamo e per la cui costruzione ci impegniamo è fatta di uomini e donne che sono perfettamente consapevoli dell’immenso potenziale di sensibilità ed intelligenza delle donne e che, al di là dei pregiudizi e retaggi culturali, sono consapevoli della necessità di ricreare l’idea di corpo sociale a partire dal rispetto di tutte le sue componenti.
Il femminismo degli anni ’70 ha fallito proprio per la sua idea di voler raggiungere a tutti i costi la parità: noi, invece, crediamo fortemente nell’empatia profonda tra i generi, al di là di tutte le forme di competizione e crediamo sia ormai imprescindibile accelerare il processo di sviluppo e di benessere, cui le donne possono contribuire in maniera straordinaria.
A noi e a tutte le donne che pensano e agiscono come noi vogliamo dedicare questo 8 marzo: e non ci dite che siamo immodeste, ce lo meritiamo!
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