Ed è proprio alle donne che è dedicato il mio particolare pensiero per la celebrazione del 25 Aprile, Festa della liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista.
Voglio ricordare le donne della “resistenza taciuta”, quelle donne che, chiamate dalla storia a combattere in un mondo in sfacelo, si esposero senza esitare a tutti i rischi della guerra partigiana.
E voglio aprire questa breve considerazione con dei numeri: 35.000 partigiane nei gruppi combattenti, 20.000 staffette, 70.000 organizzate in gruppi di difesa, 638 fucilate o cadute in battaglia, 1750 ferite, 4633 arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti, 1890 deportate in Germania.

La maggior parte di loro non vollero impugnare le armi, simbolo del potere maschilista, ma presero parte a pieno titolo alla Resistenza civile e si distinsero dagli uomini per i modi e la qualità della loro partecipazione.
Oggi quelle loro azioni possono essere senza dubbio definite come tecniche non violente di opposizione al regime, allora si trattava molto semplicemente di portare e distribuire le provviste e gli indumenti ai partigiani, ma anche il materiale di propaganda clandestino, le armi e le munizioni, organizzare gli scioperi nelle fabbriche, curare i feriti, identificare i cadaveri, assistere i familiari dei caduti, dare un rifugio ai fuggitivi.
Il loro operato fu tanto più eccezionale e di portata storica se si pensa che quelle donne, lo ricordiamo, siamo negli anni ’40, erano cittadine di serie B. Non votavano, non avevo veri e propri diritti ed erano costrette a sottomettersi non solo ad un regime politico totalitario, ma a una cultura sociale fortemente maschilista. Tuttavia negli anni della guerra, e durante la Resistenza in particolar modo, fecero per bene quello che dovevano fare.
Davvero una resistenza sofferta e taciuta, quindi.
Delle femministe ante litteram, altro che Mary Quant e la minigonna!
E’ grazie anche a queste donne se io, se noi donne italiane, abbiamo la libertà di fare tutto quello che quotidianamente facciamo.
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